mercoledì 11 gennaio 2017

Del perchè chiodare... (poco e bene)

"porre in essere un mondo"


Produrre una qualsiasi cosa non è mai separabile dal tempo in cui si è prodotta.
Cosi, il primo produttore di automobili non si è posto i problemi che si pongono i produttori di oggi.
Se il primo produttore poteva essere un artista, i nuovi produttori devono conformare il loro "genio" alle necessità che nei tempi sono emerse visto l'enorme sviluppo di regole, norme e standard imposte dalla società, che si vuole sia civile.
A ben guardare viste le diverse altezze a cui viaggiano i paraurti delle auto, ancora molto rimane da fare, eppure, tutti gli ingegneri che oggi progettano hanno un trascorso sulle "illuminanti" soluzioni morali adottate dagli autoscontri...
Cosi, il primo chiodatore non si è posto i problemi che si pongono i chiodatori di oggi.
Se il primo chiodatore poteva essere un artista, i nuovi chiodatori devono conformare il loro "genio" alle necessità che nei tempi sono emerse ...
A ben guardare viste le diverse altezze a cui viaggiano le prime protezioni di ogni tiro, ancora molto rimane da fare, eppure...
Eppure oggi sembra cosi difficile trovare una risposta moralmente e universalmente accettabile.
Credere che le motivazioni del chiodatore e la gratitudine a lui riservata negli anni 80 debba essere conservata "tout court" anche ai giorni nostri, è una credenza azzardata.
Possiamo trovare risposte a tante domande guardando a posteriori la nostra storia verticale
L'estetica di un tiro, la possibilità di trascurare gli standard sui materiali utilizzabili, l'omogeneità dell'utenza che si affida ai prodotti di chi chioda, la comunicazione dei lavori fatti in parete, sono concetti e ragionamenti che possiamo ricostruire guardando il nostro passato.
Se oggi guardiamo avanti, possiamo solo proporre, ipotizzare, riempire una griglia ordinando pericolosità ambientale su un lato e vicinanza allo stato dell'arte nel posizionamento delle protezioni dall'altro.
Creare un'area che sfuma con continuità dalla sicurezza della sala indoor, passando per le falesie gestite dalle amministrazioni comunali, e finendo all'alpinismo "trad", passando per le infinite sfumature del nostro sport che continuiamo a chiamare "arrampicata sportiva", alimentando in questo modo un discreta confusione. 
A questa griglia di possibilità, dovremmo sovrapporre una pellicola di responsabilità, che potremmo identificare con "la comunicazione" più o meno trasparente dell'operato svolto in parete.
Per una volta bisognerebbe lasciare da parte la retorica, la poesia e tutte quelle patetiche "soggettività" che non hanno valore davanti alla legge.
Entrare nel labirinto delle necessità e delle libertà, cercare di non chiudersi ai bisogni ma anche di non chiudere gli occhi sulla realtà sportiva che si sta affermando, richiede l'aiuto di tutti, chiodatori e scalatori.
Tenendoci per mano, possiamo avanzare nel labirinto senza perdere il filo che può riportarci al punto di partenza, per riprovare a costruire senza girare a vuoto.
Lo so, l'immagine è patetica, ma tant'è.
Domani, 
Giovedì 12 Gennaio
 alle ore 21.00
 al King Rock,
"L'arte di chiodare"

una serata dove guide alpine, Laac, vecchi e giovani, proveranno a mettere nel piatto lo stato dell'arte, legale, ambientale, tecnico e forse morale.
Sarà una base di partenza, una prima serata che aprirà ad un periodo di proposte, a nuove serate di risposte.
Un dialogo a trapani fermi, una tregua.





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