domenica 26 agosto 2012

Coppa Italia 2012, pochi momenti dopo...

Nicola Sartori tester della finale femminile
Vorrei si ripetesse?
Forse no, quindi non dovrei essere felice.
Invece è rimasto un sorriso.
Forse la gara, bella e entusiasmante, 
con Ghisolfi e Lavarda a salire alti sulle finali, Vettorata e Ghisolfi (questa volta Claudia) a dare filo da torcere, e qualche bella lotta con gli appigli ... come quella ingaggiata da Bombardi, unico a salire una semifinale dura e tosta, una semifinale che un anno fa... non avrebbe sfigurato come "finale".
Forse l' uscire dal cliché , il lavorare con Jacopo Larcher, un personaggio "internazionale", per idee, esperienze e linguaggio, il suo stile nel tracciare e quel suo stringere le prese... porta a una sola domanda: come può essere che questo "alieno" non rappresenti l' Italia nelle gare internazionali?
Tanto tiene le prese quanto le conosce, e quel suo modo di tracciare la dice lunga sul come sa capire, leggere e eseguire una sequenza di appigli...
Per carità, non il più grosso mistero d' Italia, anzi... se volete è una conferma di essere in Italia...
Comunque,
non vorrei si ripetesse solo per un solo motivo.
Sono stanco di vedere tanto lavoro mal gestito
Parlo dell' impegno di tutti, dagli atleti che si allenano, ai tracciatori che cercano di gratificarli con itinerari "degni"... lavoro che viene goduto da ... parenti e addetti ai lavori...
Ne ho già parlato (e qui torna la ciclicità che dovrebbe darmi il sorriso....), ma fatto trenta e veder che il 31 è lontano, toglie entusiasmo.
I pochi spettatori profani si sono divertiti.
Solo i nostri occhi "malati" trovano tutto "normale", al limite del noioso...
Questo fa pensare che serve visibilità, serve una struttura in piazza Erbe, un evento in piazza Bra e sia chiaro... non per me o per il king...
Serve per il movimento, a partire dagli atleti per finire alla sicurezza nelle falesie.
Mondo troppo chiuso il nostro, e per quanto possa essere "brutto" allargare il "giro", anche l' arrampicata ha bisogno del mondo esterno.
Se se ne parla sui giornali,
 se si vede in tv,
  crescono le sale, 
   cresce l' interesse sociale e l' investimento della società in questo settore,
Questo modo di portare avanti l' arrampicata è una spirale da fermare e invertire...
fosse solo per scongiurare il pericolo che i nostri figli non possano fare a meno di evitare lo sport "calcio".
Se ne esce con professionalità, allontanandosi dal "tutti fan tutto", dal "qualcosa è meglio di niente"...
serve far passare la bellezza di questo sport, serve affidarsi a chi sa farlo, non per passione ma per mestiere.




3 commenti:

  1. si serve un evento. uno street boulder. Ma a mio avviso non uno street boulder per pochi e rinchiuso in qualche anfratto ma una cosa ben organizzata, magari in collaborazione con gruppi rodati come streetbouder.com, che a ogni evento ti portano 200-300 persone che girano per strada ad arrampicare.

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  2. Anche no! Grazie.
    Credo sia utile far vedere lo sport "puro", quindi lead, boulder o speed.
    Serve far vedere l' attività di vertice, sfornare idoli, dare ai giovani esempi e modelli da imitare, che è da sempre uno stimolo per andare avanti nello sport e nella vita quotidiana...
    Serve far conoscere le gesta di un campione... mentre fa il campione, non il frikkettone...

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  3. Gli street boulder mi piacciono, ci si diverte e qualche spettatore che ti guarda come fossi un marziano c'è sempre, ma dire che sia la soluzione migliore per diffondere e far conoscere l'arrampicata al grande pubblico è un po' come dire che per promuovere l'atletica si devono organizzare gare di salto in lungo. In realtà l'arrampicata è una disciplina molto più ampia del boulderismo, di cui lo street è già espressione di nicchia. Il problema della comunicazione rimane. Le riviste che parlano di arrampicata sono quasi del tutto settoriali e vengono lette esclusivamente da chi già pratica questo sport. Per allargare il bacino dei praticanti probabilmente si dovrebbero coinvolgere testate di informazione generalista, che raggiungano una ampia fascia di lettori che comprano il giornale per leggere altro e poi finiscono per fermarsi anche sugli articoli che parlano dei climbers. Oppure trovare soluzioni di co-marketing: prodotti di uso comune nei cui spot compaia l'arrampicata. È quello che sta succedendo con il golf, quello che è stato fatto con lo sci anni fa.

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